di
Massimo Greco
2017
Ad oltre un anno dalla
diffusione del PNSD ed a seguito di riscontri e confronti
avvenuti, in varie sedi, tra Animatori Digitali, ma non
solo, è possibile fare un bilancio che tenga conto delle
criticità più comuni emerse sul piano pratico nei vari
ordini di scuola.
Al di là di facili entusiasmi che possono aver accompagnato
l'impegno ed il lavoro di questi mesi non possiamo non
rilevare che nelle scuole italiane persistono problematicità
endemiche, concrete, legate alla diffusione delle ‘nuove’
tecnologie che il nostro "sistema scuola" si tira dietro sin
dagli anni '90 del secolo scorso.
Queste
criticità non da poco investono, ancora oggi, sia la
sfera infrastrutturale che teorico educativa.
Sebbene mai come negli ultimi due anni l'attenzione
governativa sembrava aver preso la direzione di uno sforzo
di "indirizzo" e di investimenti senza precedenti (i
progetti P.O.N, accompagnati da altri annunci di
investimenti, impegni di spesa, ecc.) la macchina
organizzativa appare totalmente inadeguata a vari livelli e
perfino là dove dovrebbe trovare ultima quanto concreta
applicazione, nella didattica, nella programmazione stessa
della didattica e dei processi formativi, assistiamo ad un
pantano, anche motivazionale, che produce resistenze che di
fatto finiscono col rendere difficile, se non col bloccare
del tutto, processi che dovrebbero essere innovativi anche
sul piano della metodologia e dei contenuti della didattica.
In questo contesto, per quanto possa apparire anche
'paradossale', è il governo stesso che promuove un
indirizzo volto al cambiamento, alla creatività, alla
trasversalità ed all'interdisciplinarità culturale (che tra
l'altro non è neppure cosa nuova). Un input che ci arriva
"dall'alto" poiché di fatto, il "dal basso"...,
non ci fa brillare granché.
L'introduzione
stessa di figure come l'Animatore Digitale, che
avrebbe dovuto e potuto rappresentare una nuova
professionalità funzionale, ci dice che il mondo della
scuola necessita di 'animazione'. Ma cosa dico...
"animazione".... qua si tratta di "Rianimazione" bella e
buona. A dir poco di respirazione bocca a bocca!
Di defibrillazione a mezzo defibrillatore! Ovvero di una mobilitazione concreta
nella promozione delle 'nuove' tecnologie, di una cultura
didattica diversa, fatta di priorità diverse a fronte di una
realtà sociale ed economica che la scuola ha sempre dovuto
rincorrere con affanno. Quindi il messaggio ci arriva
perfino in termini di esortazione, quasi morale, "diffusione
di buone pratiche", "dotatevi di buone pratiche".
Tutto ciò dovrebbe risultare evidente anche dai linguaggi e
dagli indirizzi che ci vengono proposti. Lo si dovrebbe
recepire dal fatto che le istituzioni stesse ci invitano a
seguire gli input formativi che ci arrivano da un Bogliolo o
la metodologia stessa che trasuda da piattaforme come
code.org e ProgrammailFuturo. Input che ci
invitano, chiaramente, quantomeno a mettere da parte la
curricolarità del passato, a metterci al passo coi tempi.
E, invece, come già avvenuto un ventennio fa, la scuola, nei
fatti, continua a trincerarsi nei pantani della vecchia
programmazione 'tradizionale', nei vecchi schemi intrisi di
didattichese tronfio, burocraticume e medicalizzazione*
isterica della didattica. Ciò avviene nella pratica
quotidiana e perfino in termini di 'progettazione' dove al
massimo, nei PTOF, la diffusione delle "buone pratiche" o
del PNSD resta solo sulla carta a fare da specchietto per le
allodole a qualche misero finanziamento da spartire con
gli Avvoltoi e i Vampiri+IVA appostati in Consip.
Se da un lato la macchina istituzionale può dare
l'impressione di osare passi più lunghi della propria gamba,
di non creare le condizioni o i presupposti tecnici ed
amministrativi per l'attuazione concreta di determinati
auspici, dall'altro, il ‘corpo docenti’ (scusate il
burocratese becero ma realistico) non può continuare a
trincerarsi nella stagnazione di pratiche e modelli di
riferimento che lasciano le cose come stanno.
Non si può continuare a contrapporre il cartaceo al
digitale, non si può continuare a perpetuare quella
settorialità che porta troppi insegnanti a sostenere
affermazioni del tipo "non faccio 'tecnologia' e quindi non
sono io che li devo portare in laboratorio" o a continuare,
da oltre vent'anni, a non vedere gli "appigli" o gli
"agganci" alla 'programmazione curricolare'..
Non solo.
La
mistificazione delle "competenze".
Da quando ha
preso piede la perversione dell'Azienda come modello di
riferimento, abbiamo assistito alla svolta ideologica (sul
serio) che di pari passo ha accompagnato ogni riforma delle
ultime legislature: la questione delle "competenze".
Progressivamente abbiamo assistito ad una fase, giunta ai
giorni nostri, dove tutti si riempiono la bocca di
"competenze" e di "certificazione delle competenze",
di "programmazione per competenze"... ecc.
Sono
stati organizzati perfino indottrinamenti "formativi" dove
abili arzigogolisti, collaborazionisti, hanno tentato di
propinare il 'modello' in qualsiasi ordine di scuola. Senza
convincere nessuno... tant'è vero che quasi vent'anni
dopo... molti interrogativi restano, molti stracciandosi le
vesti sostengono che il processo non è stato ancora
attuato... altri, scrollando le spalle, magari a livello di
corridoio... ti dicono che infondo "è tutta una
minchiata"! Peccato non siano mai disposti a farlo nelle
sedi dove si prendono le decisioni.
In questa ultima osservazione va anche detto che vi è una
sottovalutazione grave del problema. Non nel senso auspicato
dai collaborazionisti, ma di fronte ad un processo
degenerativo dove la cosiddetta "competenza" - che in
tutti i tentativi di riforma sostituisce la conoscenza
come punto di arrivo del processo di
insegnamento/apprendimento - è, per così dire, la categoria
che sul piano teorico giustifica la pervasiva mobilità del
sistema e ne assicura l'attuazione su quello pratico fino
all'affermazione della soluzione finale:
l'imposizione del modello aziendalistico.
La
superficialità endemica porta a vedere nel concetto di
"competenza" non solo uno slogan, ma un qualcosa di "giusto"
e "corretto", lo parifica alla 'conoscenza', al 'saper
fare'. Populisticamente lo si trasporta all'incompetenza
dei politici... alla ricerca di modelli di 'efficienza' e
quindi figuriamoci... come si fa ad esser contro la
"competenza"? Ed ecco che pian piano gli accaniti
sostenitori riescono anche a spingersi oltre... o meglio...
diciamo a manifestare il vero volto che emerge dietro la
superficialità... infatti di lì a poco il passo è breve nel
dichiarare che la "conoscenza" è 'nozionismo' e quasi
inutile da un punto pragmatico e concretistico...
NON è un caso che la spinta più energica verso certi
modelli è avvenuta proprio tramite governi con ministri
divenuti noti anche per aver affermato che "la cultura
non si mangia"!
Ecco perché la
questione delle "competenze" va associata alla "spinta"
ideologica del modello aziendalista, che taluni definiscono
impropriamente come "americano".
La "scuola dei quiz" che insegna che 2+2=4 , ossia
devi solo memorizzare dei dati ed applicarli, come in
fabbrica, come in qualsiasi realtà produttiva dove tra
postulati e assiomi, gli enunciati, pur non essendo stati
dimostrati, devono essere considerati veri...
Quindi, alla
luce di tutta questa inoppugnabile realtà di dati di fatto,
non deve assolutamente sorprendere quando la Fondazione
Agnelli e le Associazioni industriali spingono, da
anni, affinché la scuola italiana si adegui alle "esigenze
del sistema produttivo", basato sul basso costo del lavoro,
sfruttamento sempre più feroce, precarietà, mobilità e
flessibilità delle mansioni; poiché ad essi interessano solo
e soltanto un adattamento alle condizioni schizoidi volute
dal mercato ed un addomesticamento funzionale a carico dello
stato.
Ecco il perché di tutta questa Piazza Venezia delle
"competenze": si vuole un modello che garantisca il saper
fare NON il saper pensare. Tutto ciò fa comodo
non solo alla grande industria, ma al modello aziendalista
in sé, perpetuato nella sua pervasività ovunque, anche a
livello di piccola e piccolissima impresa, a cui servono
persone che sappiano fare ma non ragionare.
Ecco perché la non l'attuazione' o la non ancora "piena
attuazione" di certi modelli va vista solo e soltanto come
un fatto positivo. Seppur purtroppo ancora per poco. Punto.
Tra
mortificazione salariale (…) e Disincentivazione
Feroce.
Contrariamente a ciò che costituisce credenza
comune... la realtà realistica in cronaca ed in virtù
ostentata dei Dati di Fatto, anche tutta la vicenda legata
all'introduzione di certe "figure" dimostra di essere parte
integrante di politiche truffaldine e farabutte. Sin
dall'inizio gli osservatori più attenti hanno evidenziato
subito gli aspetti monchi sul piano delle risorse e della
sostenibilità e quindi tutto l'aspetto 'retributivo' di funzionalità
come quella dell' "Animatore
Digitale" . Tutte le sproloquiate di Predicatori e Uffizianti
collaborazionisti sono sempre venute meno di fronte a questa
cruda
realtà. Tanto da divenire argomento tabù.
NON è mai stata infatti affrontata, men che mai contemplata,
la retribuzione di questa Figura. Come in tutte le vicende
truffaldine, con "tocco" di "$inistra"..., NON esiste
traccia alcuna sull'aspetto salariale, o comunque
remunerativo, di una funzione chiamata addirittura a
sostituirsi alle storiche inefficienze e, soprattutto,
inettitudini dei servizi amministrativi delle singole
istituzioni scolastiche e di funzioni che implicano una mole
di lavoro a dir poco esosa.
Tutto ciò che lineaguidisticamente si delira è il
demandare all'autonomia scolastica "senza oneri" per
l'amministrazione. Ovvero: lavoro gratis puro e semplice.
Nient'altro.
A questa cruda realtà i collaborazionisti, in
funzione della permanente difesa dell'indifendibile, al
massimo, hanno opposto arzigogolerie giustificazioniste, per
altro mal poste dialetticamente e viziate da pigrizia
mentale ragionativa o da interessi personali.
Io stesso sono stato bannato dal più numeroso e
rappresentativo, nei numeri, gruppo di facebook sugli AD...
per aver osato porre energicamente il problema.
Il che la dice lunga e tutta, sulla macchina di Sistema
messa in atto. Con annesse e connesse metodologie che
definirle fasciste è pure poco.
Dal panorama
'professionale' legato all'equivoca figura dell'Animatore
Digitale emerge quindi una triste realtà così
materialisticamente sintetizzabile:
1: La
stragrande maggioranza degli "inquadrati" NON ha
ricevuto alcuna remunerazione.
2: Una parte,
minoritaria, ha ricevuto compensi, per lo più
miserevoli, camorrati sotto altre voci espresse in qualche
forma di ore aggiuntive o di uso distorto del "Bonus
Premiale di Produttività" in quanto sostitutivo
strumentalmente della retribuzione oraria o di funzioni non
riconoscibili sotto altre voci. Cosa da non confondere con
il bonus di 500 euro della cartadocente che
rappresenta un'altra differente problematica a parte, per
giunta triste.
3. Una
assoluta minoranza, insignificante nei numeri, come me,
vista l'assenza conigliesca in materia della trimurti
confederale, ha rischiato e si è esposta conducendo una
battaglia per un riconoscimento almeno pari a quello di una
"Funzione Strumentale".
A Tal proposito devo condividere e socializzare... che:
Io Personalmente mi sono dimesso fino a che non mi è stata
riconosciuta una retribuzione aggiuntiva di 1200 euro netti.
Altrimenti non avrei più mosso un dito. La cosa potrà essere
anche insignificante nei numeri... ma non lo è dal punto di
vista della dignità e della coscienza professionale al
cospetto dei più. L'intento era anche quello di creare dei
precedenti. Praticamente una quattoricesima
essenziale. Scusate se è poco.
In questo
contesto di NON riconoscimenti va anche aggiunta la
pagliacciata criminale degli attestati per la formazione
degli Animatori, costretti a frequentare corsi che hanno
rilasciato attestazioni insipienti e volte a marcare la
"Professionalità ZERO" senza spendibilità alcuna.
Gli “Eventi formativi” (…)
Gli eventi formativi, in sé, dovrebbero
essere una occasione di invito alla svolta. Una sorta di
“invito” che DEVE essere supportato dall'istituzione
scolastica e dai dirigenti stessi.
Che ciò avvenga in occasione
delle giornate di promozione del coding o sulla diffusione
di "buone pratiche" a poco può servire se non
ci si dota
della presunzione di concorrere al cambiamento. Che poi,
come abbiamo poc'anzi visto..., dipende da quale tipo di
'cambiamento'.
Ed in parte già lo sono. Solo in parte e negli auspici,
però. Poiché per tutto il resto, i "formatori" stessi, per
mere ragioni di Bottega, si guardano bene dall'abbandonare
la logica del piede in due scarpe. Del resto è nella natura
della loro funzionalità ad un sistema da BUTTARE.
Il messaggio che dovrebbero ricevere i docenti deve essere quasi
traumatico. Smart, spettacolare. Ma deve soprattutto dare un
indirizzo.
Deve dire: "si deve andare in questa direzione e non in
quella che avete sostenuto fino ad oggi". Non si può più
tornare indietro.
Ma purtroppo, spesso…, anzi qua si DEVE ‘generalizzare’
perché NON si può negare la realtà in cronaca dei Dati di
fatto, certi eventi si riducono ad una SQUALLIDA passerella
di Lecchinaggi verso figure istituzionali che rappresentano
solo e soltanto la Cancrena della Scuola. Di qua non si
scappa.
E questo come Doverosa Premessa, per quanto riguarda i
“contesti”. TUTTI i 'contesti' risentono di campanilismi e
squallidi localitarismi vergognosi già di per sé e che, al
peggio, ripropongono cieca spasmodica adesione ad ogni
riforma, tra il tutto ed il contrario di tutto, ed alle
istericità delle rispettive "linee guida".
Si 'auspica' sul piano motivazionale, ad esempio,
l'attenzione alla "creatività"..., alla "trasversalità"...,
alla sperimentazione, si propongono percorsi formativi e
piattaforme che raccomandano, a dir poco, di tenersi ben
lontani dal piattume della "curricolarità"... per poi finire
con l'istituire o pretendere di istituire la
curricolarizzazione di certi percorsi, buon ultimo quello
del "coding"... magari finendo con lo scopiazzare
tabulazioni da uda del 2001. Qui i maniaci e le maniache
della tabulazione... si scateneranno tra "indicatori" e la
vuotezza insulsa degli obiettivi per "competenze"....
La "LIM", se proprio la si vuole adottare, NON può essere
ridotta a surrogato che vada ad emulare la lavagna
tradizionale. L'interattività è ben altra cosa. Non serve a
nulla emulare il gessetto per scrivere in corsivo o per fare
cerchietti con una penna a batterie.... Ci serve per
introdurre il cinema in classe, youtube, wikipedia,
viaggiare in 3d con Google Earth, andare in videoconferenza
con Samantha Cristoforetti, o chi per lei, dalla stazione
spaziale internazionale, implementarla con i sempre più
diffusi accessori per la “Gesture Recognition”… altro che
penna a batteria che emula il mouse… o il TOSSICO
gessetto 'tradizionale' o la cancrena del cartaceo
squartaforeste che rispunta in tutte le salse come "valore"
tradizionale ed "identitario".... magari a supporto
di un appalto che porterà la LIM in classe con vere e
proprie rette, a costi d'usura, e sulle spalle delle
famiglie... della scuola "Pubblica"...!
Io posso
anche proiettare ed illustrare esperienze di altre scuole
d'Italia, considerate all'avanguardia oltre vent'anni fa,
recensite pure dalla RAI, vissute come "aliene" allora
ma che per le premesse prima evidenziate, paradossalmente, risulterebbero 'aliene'
ancora oggi. Fermo restando che sul piano dell'utenza, chi
vi ha preso parte, chi vi ha avuto accesso, le ha
sempre
vissute in modo piacevole, in modo entusiasmante,
coinvolgente ed in termini di
arricchimento formativo.
Esperienze per le quali mi sono messo anche in gioco in sede
d'esame ai concorsi pubblici. Esperienze che certi esami me li hanno fatti superare
brillantemente e che per le opportunità conseguite, in
termini di professione, mi permettono anche di non dover
dire
grazie a nessuno.
Tutte cose, però, oggi come allora, ieri come oggi, che
continuano a risultare "ALIENE" al cospetto di una scuola
che allo stesso tempo continua a sostenere ed incentivare
una curricularità geneticamente ... cartacea.
Una Grande Bottega degli Orrori fatta di "linee guida".
La
scuola ha dapprima demonizzato la televisione, in modo
assurdo, perdendo l'occasione formativa di una cultura della
gestibilità di quello strumento.
Successivamente si è passati a demonizzare i "videogiochi",
anzi le piattaforme hardware che li permettevano, perdendo
l'occasione di gestire un processo educativo e conoscitivo
per il padroneggiamento dello strumento. In questa fase si è persa, quindi, anche
l'occasione di gestire appropriatamente l'informatizzazione
della scuola stessa.
Poi
è arrivata Internet e la si è ostacolata in tutti i modi,
anche sul piano burocratico, a volte anche sul piano del
terrorismo, non cogliendo, fin dall'inizio, la necessità
impellente di quello che solo oggi, balbettando, si promuove
come "uso consapevole della rete".
Poi abbiamo assistito alla demonizzazione di cellulari e
smartphone,
inventando divieti privi di ogni senso e significato
(mentre nei corsi di formazione in materia di tecnologie
divenivano strumenti da cui non si può prescindere).
Solo nel corso dell'estate 2016 il governo ha revocato (in punta di
piedi ed in modo equivoco) divieti cocciuti e bacchettoni, ammettendo che il
mondo stava andando in direzione ostinata e contraria a
quello che si è sempre sostenuto.
È in questo quadro ed alla luce di queste enormi criticità
da evidenziare che va impostato un NUOVO percorso che sia
anche formativo, di indirizzo e di svolta.
Va fatto in modo che gli insegnanti, come gli studenti,
non trovino la cosa noiosa, ripetitiva di eventi passarella
dove la ricaduta è sempre rimasta pari allo zero. Va fatto
in modo che l'evento sia ricordato come una svolta, un punto
di partenza che dovrebbe essere ricordato come l'inizio di un qualcosa.
Possibilmente..., NON aspettando Godot.
Maurizio
Cattelan -
Installazioni al Museo di Arte Contemporanea di Rivoli (TO),
replicata a New York ed in occasione di ogni rassegna di
rilevanza mondiale.
in Direzione OSTINATA e CONTRARIA:
Massimo Greco - Marzo-Aprile 2017
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